venerdì 19 febbraio 2010

Il Dipartimento Ambiente ed Ecologia ci informa: sono state condannate a morte le aree marine protette

Elio Lanzillotti - Responsabile
Luigi Stefanachi - Componente

cell. 3351045955
lanzillottielio@libero.it

luigistefanachi@virgilio.it

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Condannate a morte le Aree Marine Protette Italiane


Le aree Marine italiane non esistono più, non hanno fondi, non sono rappresentate da nessuno. Abbandonate a se stesse innanzitutto dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare (mai termine si è dimostrato più inappropriato). A Bari nel corso di “Mediterre” ( l’annuale incontro del mondo dei parchi) si è tenuta nel pomeriggio del 29 u.s. la prevista e pubblicizzata CONFERENZA NAZIONALE sulle aree Marine. Il titolo della conferenza era eloquente: “Le Aree Marine Protette tra rischi di sopravvivenza e ipotesi di riforma”. Alla Conferenza Presieduta Da Sebastiano Romano (presidente dell’area marina di Siracusa). hanno relazionato il Senatore Antonio D’Alì (Presidente della Commissione Ambiente del Senato) ed il Senatore Roberto della Seta (PD, membro Commissione Ambiente ) nonché Il Presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, il Vicepresidente dell’associazione Legambiente ed un rappresentante delle Aree Marine Protette iscritte a Federparchi.
Un’occasione straordinaria per discutere con tutti i portatori d’interesse i gravi problemi del settore. Un’occasione clamorosamente fallita poiché.:
• Le Riserve Marine italiane erano assenti, n’erano presenti sette su ventisei mancavano 19 aree marine.
• Il Ministero dell’ambiente era assente pur essendo previsto dal programma l’intervento del Direttore Generale del Servizio Conservazione Natura.
• Il WWF e l’associazione “Marevivo” erano assenti pur essendo previsto l’intervento di rappresentanti. Quanto sopra significa che le associazioni che hanno organizzato l’evento, Federparchi e Legambiente, non sono in alcun modo rappresentative del sistema nazionale delle aree marine protette.
La foto mostra chiaramente qual è stata la partecipazione alla Conferenza Nazionale. Un’ incontro parrocchiale vede sicuramente una maggiore partecipazione.

In ogni caso dalle relazioni degli oratori è emerso
1- Le Aree Marine Protette Italiane dieci anni fa erano dodici e ricevevano dallo Stato un contributo equivalente a nove milioni d’euro, oggi sono venticinque e ricevono un contributo di quattro milioni di euro.
2- Vi è una confusione normativa e amministrativa tale che non rendere possibile né la gestione dei territori demaniali né l’amministrazione delle aree. 3- Il divieto di avere personale, di fatto, paralizza ogni attività, comprese le iniziative economiche e la possibilità dell’applicazione di sanzioni per chi non osserva i vincoli di tutela.
4- La recente legge sullo scioglimento dei consorzi pubblici è il colpo di grazia per un sistema già al collasso.
Il Senatore D’Alì ha comunicato con enfasi l’unica cosa positiva che oggi riguarda le Aree Marine Italiane, il disegno di legge approvato dalla Commissione Ambiente del Senato per agevolare il diportismo nautico. Una Legge che permette il posizionamento di campi boe che consentiranno alle grandi barche da diporto (fino a cento metri di lunghezza) l’ingresso nei territori protetti. Desta incredulità sapere che tutte le riserve marine italiane ricevono solo quattro milioni d’euro l’anno e nel contempo scoprire che vi è al Ministero una richiesta di finanziamento da parte di “privati”di 30 milioni d’euro (di cui uno già erogato per un progetto sperimentale) per istallare campi boe nelle Aree Marine Protette. Come dipartimento ambiente IDV insieme al Senatore Caforio (già presentatore di un’interrogazione parlamentare) ci siamo attivati affinché “Italia dei Valori” offra ai rappresentanti delle Aree Marine Italiane ogni possibile aiuto dando la disponibilità di tutta la sua rappresentanza istituzionale dal livello locale a quello nazionale e Parlamentare. Auspichiamo anche che le Aree marine d’ora innanzi facciano riferimento esclusivamente all’ANCI ed all’UPI uniche entità peraltro istituzionali che possono in questa disastrosa situazione rappresentarle con efficacia.
Febbraio 2010
Elio Lanzillotti

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CAROVIGNO: UNA «TERRA PATTUMIERA» TRA CARBONE E NUCLEARE E LE TRIVELLAZIONI IN MARE

Intervista a Elio Lanzillotti del dipartimento regionale Ambiente IDV Puglia

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Torchiarolo da guinness dei primati
I caminetti bruciano troppa legna ed inquinano


Da un po’ di giorni sulla stampa si parla di Torchiarolo (Brindisi) e della sua aria inquinata, titolando così: “TORCHIAROLO- L’ARIA È INQUINATA COLPA DEI CAMINETTI” si evidenzia che dai risultati di un monitoraggio dell’ARPA risulta che nel comune di Torchiarolo vi è un inquinamento dovuto alle polveri sottili da combustione di legno tre volte superiore al normale.
A tal proposito mi torna opportuno fare alcune considerazioni:
Prima di tutto la questione viene presentata come se, prima di questo studio, si pensasse che l’inquinamento da polveri sottili (PM10) fosse dovuto, per la nostra provincia, unicamente agli stabilimenti industriali ed in particolare alla centrale Enel di Cerano. Da sempre si sa che questo tipo di inquinamento è causato dai motori diesel e dalla combustione del legno, anche se la presenza in zona di insediamenti industriali contribuisce ad un aumento di inquinanti. La stampa tutta fa riferimento alla relazione di ARPA PUGLIA (dipartimento di Brindisi) sui risultati di un monitoraggio sul PM10 nei comuni di Brindisi, S. Pancrazio Salentino, Torchiarolo, e di una località rurale in provincia di Lecce , S. Maria Cerrate.
Da questo monitoraggio, effettuato nel periodo marzo-aprile 2008, risulta che nel Comune di Torchiarolo i valori di PM10 dovuti alla combustione di legna sono mediamente tre volte superiori a quelli delle altre località. Quindi a Torchiarolo qualcosa non funziona….si brucia troppa legna…bisogna indagare ed è giusto che si faccia.
Mi pare anche doveroso sottolineare alcune cose che nella relazione tecnica di ARPA lasciano perplessi ed in particolare: “I valori particolarmente elevati di levoglucosano rilevati a Torchiarolo possono dipendere da diversi fattori:
- presenza di sorgenti locali prossime alla centralina (a riguardo si segnala la presenza di diversi camini nelle immediate vicinanze della centralina);
- prevalenza nel periodo di campionamento selezionato dei settori sottovento al centro abitato, come mostrato nell’analisi anemologica;
- probabile presenza dell interferente chimico arabitolo sulle misure di levoglucosano condotte con la tecnica HPAEC-PAD………”.
In sostanza la centralina di Torchiarolo potrebbe essere inaffidabile soprattutto perché posizionata troppo vicino a fonti inquinanti.
Dalla relazione si evince anche che l’Università di Milano ha fornito i risultati delle analisi dopo un anno… sono questi i tempi di una ricerca? Quanto tempo passerà ancora per avere i risultati delle opportune verifiche per farci capire se Torchiarolo deve entrare nel Guinness dei primati per il consumo di legna da ardere? oppure se siamo in presenza di dati falsati?
Sarebbe bello sapere se l’ARPA Lombardia ha gli stessi tempi di ricezione dati come l’ARPA Puglia. Purtroppo proprio per la Puglia, in particolare per le Provincie di Taranto e di Brindisi esiste una sola realtà ed è quella rappresentata proprio dall’ARPA: nel rapporto sulle emissioni presentato l’11-5-2009
• Primi in Italia per emissioni di ANIDRIDE CARBONICA (il 21,23% del totale nazionale viene emesso in atmosfera da industrie che hanno sede in Puglia);
• Primi in Italia per emissioni di BENZENE (46,13% del totale nazionale);
• Primi in Italia per emissioni di IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (95,48%);
• Primi in Italia per emissioni di OSSIDI DI AZOTO (19,63%);
• Primi in Italia per emissioni di OSSIDI DI ZOLFO (23,27%);
• Primi in Italia per emissioni di MONOSSIDO DI CARBONIO (81,11%);
• Primi in Italia per emissioni di PARTICOLATO (62,23%);
• Primi in Italia per emissioni di DIOSSINE (PCDD, PCDF) (91,96%);
Al danno si aggiunge la beffa. In questi ultimi anni la Puglia è diventata la prima regione italiana per produzione di energia alternativa (eolico e solare) senza che ciò abbia comportato una riduzione dell’energia prodotta dal carbone. (si rammenti sempre che esportiamo l’80% dell’energia prodotta).
Recentemente GREENPEACE internazionale ha manifestato, scalando con i suoi volontari le ciminiere della centrale ENEL di Cerano, per rendere chiaro a tutti che la centrale a carbone di Brindisi è fra i siti più inquinanti d’ Europa. I primi a protestare sono stati i sindacati! Giustissimo!
Senza dubbio per gli operai è meglio morire di tumore tra 20 anni anziché morire di fame subito.
Elio Lanzillotti



















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Massimo Melpignano - Responsabile
melpignano@studiomelpignano.it
Tel. 0805021132
Fax. 0805022906

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Condannate a morte le Aree Marine Protette Italiane


Le aree Marine italiane non esistono più, non hanno fondi, non sono rappresentate da nessuno. Abbandonate a se stesse innanzitutto dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare (mai termine si è dimostrato più inappropriato). A Bari nel corso di “Mediterre” ( l’annuale incontro del mondo dei parchi) si è tenuta nel pomeriggio del 29 u.s. la prevista e pubblicizzata CONFERENZA NAZIONALE sulle aree Marine. Il titolo della conferenza era eloquente: “Le Aree Marine Protette tra rischi di sopravvivenza e ipotesi di riforma”. Alla Conferenza Presieduta Da Sebastiano Romano (presidente dell’area marina di Siracusa). hanno relazionato il Senatore Antonio D’Alì (Presidente della Commissione Ambiente del Senato) ed il Senatore Roberto della Seta (PD, membro Commissione Ambiente ) nonché Il Presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, il Vicepresidente dell’associazione Legambiente ed un rappresentante delle Aree Marine Protette iscritte a Federparchi.
Un’occasione straordinaria per discutere con tutti i portatori d’interesse i gravi problemi del settore. Un’occasione clamorosamente fallita poiché.:
• Le Riserve Marine italiane erano assenti, n’erano presenti sette su ventisei mancavano 19 aree marine.
• Il Ministero dell’ambiente era assente pur essendo previsto dal programma l’intervento del Direttore Generale del Servizio Conservazione Natura.
• Il WWF e l’associazione “Marevivo” erano assenti pur essendo previsto l’intervento di rappresentanti. Quanto sopra significa che le associazioni che hanno organizzato l’evento, Federparchi e Legambiente, non sono in alcun modo rappresentative del sistema nazionale delle aree marine protette.
La foto mostra chiaramente qual è stata la partecipazione alla Conferenza Nazionale. Un’ incontro parrocchiale vede sicuramente una maggiore partecipazione.

In ogni caso dalle relazioni degli oratori è emerso
1- Le Aree Marine Protette Italiane dieci anni fa erano dodici e ricevevano dallo Stato un contributo equivalente a nove milioni d’euro, oggi sono venticinque e ricevono un contributo di quattro milioni di euro.
2- Vi è una confusione normativa e amministrativa tale che non rendere possibile né la gestione dei territori demaniali né l’amministrazione delle aree. 3- Il divieto di avere personale, di fatto, paralizza ogni attività, comprese le iniziative economiche e la possibilità dell’applicazione di sanzioni per chi non osserva i vincoli di tutela.
4- La recente legge sullo scioglimento dei consorzi pubblici è il colpo di grazia per un sistema già al collasso.
Il Senatore D’Alì ha comunicato con enfasi l’unica cosa positiva che oggi riguarda le Aree Marine Italiane, il disegno di legge approvato dalla Commissione Ambiente del Senato per agevolare il diportismo nautico. Una Legge che permette il posizionamento di campi boe che consentiranno alle grandi barche da diporto (fino a cento metri di lunghezza) l’ingresso nei territori protetti. Desta incredulità sapere che tutte le riserve marine italiane ricevono solo quattro milioni d’euro l’anno e nel contempo scoprire che vi è al Ministero una richiesta di finanziamento da parte di “privati”di 30 milioni d’euro (di cui uno già erogato per un progetto sperimentale) per istallare campi boe nelle Aree Marine Protette. Come dipartimento ambiente IDV insieme al Senatore Caforio (già presentatore di un’interrogazione parlamentare) ci siamo attivati affinché “Italia dei Valori” offra ai rappresentanti delle Aree Marine Italiane ogni possibile aiuto dando la disponibilità di tutta la sua rappresentanza istituzionale dal livello locale a quello nazionale e Parlamentare. Auspichiamo anche che le Aree marine d’ora innanzi facciano riferimento esclusivamente all’ANCI ed all’UPI uniche entità peraltro istituzionali che possono in questa disastrosa situazione rappresentarle con efficacia.
Febbraio 2010
Elio Lanzillotti

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CAROVIGNO: UNA «TERRA PATTUMIERA» TRA CARBONE E NUCLEARE E LE TRIVELLAZIONI IN MARE

Intervista a Elio Lanzillotti del dipartimento regionale Ambiente IDV Puglia

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Torchiarolo da guinness dei primati
I caminetti bruciano troppa legna ed inquinano


Da un po’ di giorni sulla stampa si parla di Torchiarolo (Brindisi) e della sua aria inquinata, titolando così: “TORCHIAROLO- L’ARIA È INQUINATA COLPA DEI CAMINETTI” si evidenzia che dai risultati di un monitoraggio dell’ARPA risulta che nel comune di Torchiarolo vi è un inquinamento dovuto alle polveri sottili da combustione di legno tre volte superiore al normale.
A tal proposito mi torna opportuno fare alcune considerazioni:
Prima di tutto la questione viene presentata come se, prima di questo studio, si pensasse che l’inquinamento da polveri sottili (PM10) fosse dovuto, per la nostra provincia, unicamente agli stabilimenti industriali ed in particolare alla centrale Enel di Cerano. Da sempre si sa che questo tipo di inquinamento è causato dai motori diesel e dalla combustione del legno, anche se la presenza in zona di insediamenti industriali contribuisce ad un aumento di inquinanti. La stampa tutta fa riferimento alla relazione di ARPA PUGLIA (dipartimento di Brindisi) sui risultati di un monitoraggio sul PM10 nei comuni di Brindisi, S. Pancrazio Salentino, Torchiarolo, e di una località rurale in provincia di Lecce , S. Maria Cerrate.
Da questo monitoraggio, effettuato nel periodo marzo-aprile 2008, risulta che nel Comune di Torchiarolo i valori di PM10 dovuti alla combustione di legna sono mediamente tre volte superiori a quelli delle altre località. Quindi a Torchiarolo qualcosa non funziona….si brucia troppa legna…bisogna indagare ed è giusto che si faccia.
Mi pare anche doveroso sottolineare alcune cose che nella relazione tecnica di ARPA lasciano perplessi ed in particolare: “I valori particolarmente elevati di levoglucosano rilevati a Torchiarolo possono dipendere da diversi fattori:
- presenza di sorgenti locali prossime alla centralina (a riguardo si segnala la presenza di diversi camini nelle immediate vicinanze della centralina);
- prevalenza nel periodo di campionamento selezionato dei settori sottovento al centro abitato, come mostrato nell’analisi anemologica;
- probabile presenza dell interferente chimico arabitolo sulle misure di levoglucosano condotte con la tecnica HPAEC-PAD………”.
In sostanza la centralina di Torchiarolo potrebbe essere inaffidabile soprattutto perché posizionata troppo vicino a fonti inquinanti.
Dalla relazione si evince anche che l’Università di Milano ha fornito i risultati delle analisi dopo un anno… sono questi i tempi di una ricerca? Quanto tempo passerà ancora per avere i risultati delle opportune verifiche per farci capire se Torchiarolo deve entrare nel Guinness dei primati per il consumo di legna da ardere? oppure se siamo in presenza di dati falsati?
Sarebbe bello sapere se l’ARPA Lombardia ha gli stessi tempi di ricezione dati come l’ARPA Puglia. Purtroppo proprio per la Puglia, in particolare per le Provincie di Taranto e di Brindisi esiste una sola realtà ed è quella rappresentata proprio dall’ARPA: nel rapporto sulle emissioni presentato l’11-5-2009
• Primi in Italia per emissioni di ANIDRIDE CARBONICA (il 21,23% del totale nazionale viene emesso in atmosfera da industrie che hanno sede in Puglia);
• Primi in Italia per emissioni di BENZENE (46,13% del totale nazionale);
• Primi in Italia per emissioni di IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (95,48%);
• Primi in Italia per emissioni di OSSIDI DI AZOTO (19,63%);
• Primi in Italia per emissioni di OSSIDI DI ZOLFO (23,27%);
• Primi in Italia per emissioni di MONOSSIDO DI CARBONIO (81,11%);
• Primi in Italia per emissioni di PARTICOLATO (62,23%);
• Primi in Italia per emissioni di DIOSSINE (PCDD, PCDF) (91,96%);
Al danno si aggiunge la beffa. In questi ultimi anni la Puglia è diventata la prima regione italiana per produzione di energia alternativa (eolico e solare) senza che ciò abbia comportato una riduzione dell’energia prodotta dal carbone. (si rammenti sempre che esportiamo l’80% dell’energia prodotta).
Recentemente GREENPEACE internazionale ha manifestato, scalando con i suoi volontari le ciminiere della centrale ENEL di Cerano, per rendere chiaro a tutti che la centrale a carbone di Brindisi è fra i siti più inquinanti d’ Europa. I primi a protestare sono stati i sindacati! Giustissimo!
Senza dubbio per gli operai è meglio morire di tumore tra 20 anni anziché morire di fame subito.
Elio Lanzillotti





Condannate a morte le Aree Marine Protette Italiane


Le aree Marine italiane non esistono più, non hanno fondi, non sono rappresentate da nessuno. Abbandonate a se stesse innanzitutto dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare (mai termine si è dimostrato più inappropriato). A Bari nel corso di “Mediterre” ( l’annuale incontro del mondo dei parchi) si è tenuta nel pomeriggio del 29 u.s. la prevista e pubblicizzata CONFERENZA NAZIONALE sulle aree Marine. Il titolo della conferenza era eloquente: “Le Aree Marine Protette tra rischi di sopravvivenza e ipotesi di riforma”. Alla Conferenza Presieduta Da Sebastiano Romano (presidente dell’area marina di Siracusa). hanno relazionato il Senatore Antonio D’Alì (Presidente della Commissione Ambiente del Senato) ed il Senatore Roberto della Seta (PD, membro Commissione Ambiente ) nonché Il Presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, il Vicepresidente dell’associazione Legambiente ed un rappresentante delle Aree Marine Protette iscritte a Federparchi.
Un’occasione straordinaria per discutere con tutti i portatori d’interesse i gravi problemi del settore. Un’occasione clamorosamente fallita poiché.:
• Le Riserve Marine italiane erano assenti, n’erano presenti sette su ventisei mancavano 19 aree marine.
• Il Ministero dell’ambiente era assente pur essendo previsto dal programma l’intervento del Direttore Generale del Servizio Conservazione Natura.
• Il WWF e l’associazione “Marevivo” erano assenti pur essendo previsto l’intervento di rappresentanti. Quanto sopra significa che le associazioni che hanno organizzato l’evento, Federparchi e Legambiente, non sono in alcun modo rappresentative del sistema nazionale delle aree marine protette.
La foto mostra chiaramente qual è stata la partecipazione alla Conferenza Nazionale. Un’ incontro parrocchiale vede sicuramente una maggiore partecipazione.

In ogni caso dalle relazioni degli oratori è emerso
1- Le Aree Marine Protette Italiane dieci anni fa erano dodici e ricevevano dallo Stato un contributo equivalente a nove milioni d’euro, oggi sono venticinque e ricevono un contributo di quattro milioni di euro.
2- Vi è una confusione normativa e amministrativa tale che non rendere possibile né la gestione dei territori demaniali né l’amministrazione delle aree. 3- Il divieto di avere personale, di fatto, paralizza ogni attività, comprese le iniziative economiche e la possibilità dell’applicazione di sanzioni per chi non osserva i vincoli di tutela.
4- La recente legge sullo scioglimento dei consorzi pubblici è il colpo di grazia per un sistema già al collasso.
Il Senatore D’Alì ha comunicato con enfasi l’unica cosa positiva che oggi riguarda le Aree Marine Italiane, il disegno di legge approvato dalla Commissione Ambiente del Senato per agevolare il diportismo nautico. Una Legge che permette il posizionamento di campi boe che consentiranno alle grandi barche da diporto (fino a cento metri di lunghezza) l’ingresso nei territori protetti. Desta incredulità sapere che tutte le riserve marine italiane ricevono solo quattro milioni d’euro l’anno e nel contempo scoprire che vi è al Ministero una richiesta di finanziamento da parte di “privati”di 30 milioni d’euro (di cui uno già erogato per un progetto sperimentale) per istallare campi boe nelle Aree Marine Protette. Come dipartimento ambiente IDV insieme al Senatore Caforio (già presentatore di un’interrogazione parlamentare) ci siamo attivati affinché “Italia dei Valori” offra ai rappresentanti delle Aree Marine Italiane ogni possibile aiuto dando la disponibilità di tutta la sua rappresentanza istituzionale dal livello locale a quello nazionale e Parlamentare. Auspichiamo anche che le Aree marine d’ora innanzi facciano riferimento esclusivamente all’ANCI ed all’UPI uniche entità peraltro istituzionali che possono in questa disastrosa situazione rappresentarle con efficacia.
Febbraio 2010
Elio Lanzillotti

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